La macchina idraulica

La scelta del terreno su cui erigere la villa, in pendenza lungo il declivio del colle, fa di Maser un unicum tra i progetti palladiani. Questa caratteristica è l’elemento generatore della creazione da parte di Palladio di un impianto idraulico di straordinaria efficienza e sostenibilità. Da una cisterna di raccolta, posta a monte, per caduta l’acqua giunge alla villa dove è raccolta nel Ninfeo che funge da collettore e distribuisce l’acqua per i bisogni della parte dominicale e per l'approvvigionamento del giardino. Dunque la relazione tra architettura e paesaggio, e più in generale tra artificio e natura, è il tema che sottende il progetto in ogni sua parte e che si riflette anche nel ricco apparato decorativo del ninfeo e così come nel sontuoso ciclo di affreschi all’interno della residenza, opera di Paolo Veronese.
Il ninfeo della villa di Maser è stato da sempre valutato per il suo carattere monumentale mentre cela un dispositivo costruttivo che di fatto protegge la villa dalla presenza abbondante d’acqua che caratterizza questo terreno. La quantità è dovuta da un lato alle acque meteoriche che scorrono lungo il pendio della collina e l’altro dall’acqua della sorgente presente a monte della villa.
Si tratta di una sorgente storica che il progetto di Palladio regimenta e mette frutto. L’acqua della fonte infatti viene per captazione convogliata in una grande vasca e dalla vasca attraverso un sistema di filtri che sono posti all’interno di un voltino in muratura scorre per caduta seguendo la linea di dipendenza della collina attraverso un sistema di tubazioni che incontra una serie di vasche di decantazione. Si tratta di un sistema idraulico desunto dalla tradizione romana che prevedeva la captazione delle acque e la depurazione delle stesse per usi domestici.
A Maser l’acqua giunge grazie al prolungamento di questa tubazione proprio al Ninfeo. Il dispositivo che funziona da collettore idrico ha una parte a tergo con una struttura voltata.
Palladio prevede da qui un sistema d’uso selettivo delle acque distribuendole con condotte indipendenti: una destinata all’uso domestico dell’acqua all’interno della villa e due condotti laterali che dirottano l’acqua verso il brolo e il sistema di acque legate alle fontane. Sul piano strutturale il dispositivo celato all’interno dell’architettura del Ninfeo è molto complesso ed è costituito da una doppia calotta con all’interno dell’intercapedine una serie di assetti radiali che collaborano con struttura voltata a sostegno della muratura esterna che serve da muro di contenimento del terreno della collina. Questa muratura era in pietra posata in opera incerta a aggiunto non legato in modo tale da permettere la filtrazione dell’acqua che imbibe il terreno ed evitare la spinta idrostatica, che metterebbe in crisi la struttura. Il Ninfeo dunque permette di filtrare l’acqua dal terreno attraverso il muro ai piedi quale è scavata una canaletta di raccolta. Distribuisce inoltre le acque convogliandole verso i due sistemi distinti, quello domestico che serve la casa e quello agricolo che serve il giardino. La vasca del Ninfeo era invece alimentata da un serie di dotti che raggiungevano dalla fonte a monte la parte sommitale della fontana attraverso una serie di condotti di cui abbiamo ancora la traccia negativo. Un sistema di tubazioni alimentava poi i giochi d’acqua del Ninfeo.
Questa complessa macchina idraulica è giunta sino a noi fortemente inficiata nel funzionamento di cui restavano in larga parte solamente delle tracce. Possiamo affermare che molti dei problemi conservativi della villa dal punto di vista dell’umidità di risalita derivano proprio dal mancato funzionamento della parte idraulica. In particolare al piano delle cucine non funzionano più fluidamente come una volta le canaline laterali che dovrebbero raccogliere l’acqua e distribuirla al brolo. Così l’umidità è penetrata nelle murature dei due corpi di fabbrica laterali e i due condotti invece che passano sotto la villa, quello di destra è stato modificato dall’introduzione di un’ampia palificata in cemento armato, realizzata negli anni Sessanta per cercare di porre rimedio a un problema di scivolamento verso valle del corpo dominicale della villa. Il condotto di sinistra, invece è stato alterato con la costruzione della casina delle rose, che di fatto ha mutato in via definitiva il funzionamento del sistema idraulico palladiano. La compromissione di questo apparato idraulico ha condizionato anche il funzionamento del ninfeo. Qui la muratura progettata per essere filtrante ed eliminare gli effetti della spinta statica del terreno a monte è stata intonacata all’esterno con un intonaco cementizio che doveva in qualche modo impedire la percolazione e l’infiltrazione all’interno di questo spazio dell’acqua, negandone l'intrinseca natura funzionale. La mancata comprensione di questa struttura ha determinato un fraintendimento che ha creduto di risolvere un difetto che era invece un elemento virtuoso estremamente funzionale. Inoltre i setti radiali collaboranti con il sistema della volta introdotti in virtù di una concezione tipica dell’architettura veneziana, fatta per assecondare gli spostamenti e i cedimenti, producendo delle deformazioni volte a contrastare quegli irrigidimenti che comprometterebbero la statica dell’edificio. Le due calotte sono appunto contraffortate da questi speroni che non sono realizzate come murature rigidamente solidali, ma sono poste semplicemente in appoggio e hanno nel punto di contatto un elemento costruttivo che possiamo assimilare una cerniera. Di fatto questi elementi resistono alle azioni orizzontali, ma lasciano la possibilità di cedimenti differenziali che in questa situazione data la conformazione e la morfologia del terreno introducono una capacità adattiva della struttura alle modificazioni di stato del terreno, in particolare rispetto alla variabilità del volume d’acqua. Tipico degli interventi realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta, e confermato dalla documentazione fotografica, il concetto di rigidezza, che in epoca contemporanea prevale sulla capacità adattiviva delle strutture antiche, ha visto l’introduzione di travi in acciaio fisse. L’applicazione della cosiddetta vernice antiruggine arancione ha solidarizzato tutti gli elementi e irrigidito l’intera struttura determinando un’ulteriore trasformazione del sistema idraulico.
La storiografia ha ignorato il portato di questa architettura e di fatto concentrandosi unicamente sulla parte monumentale della struttura. La scoperta di questo prodigio dell’architettura palladiana ne ha fatto comprendere finalmente appieno la natura e le caratteristiche sostenibili grazie all’uso razionale dell’acqua che ad oggi è effettivamente un elemento di grande innovazione.