Il Giardino

Il Giardino

Il restauro ha consentito di ridonare leggibilità all’intero complesso di villa ricostituendo le relazioni tra il corpo dominicale con le sue barchesse e le pertinenze con le varie parti che costituiscono il giardino. Nella loro unitaria concezione – che necessariamente abbraccia le trasformazioni avvenute nelle diverse fasi – il giardino e il parco di villa Barbaro sono costituiti dallo spazio a prato che dal corpo dominicale si stende fino alla strada pubblica; dal giardino segreto dietro la villa conchiuso dal ninfeo; dal giardino delle rose; dal boschetto a tergo del ninfeo con i suoi percorsi sinuosi e punti di belvedere; dalla cedraia collegata da due grandi cancelli da un lato al sistema delle barchesse e dall’altro all’appezzamento a tergo della grande cantina per la lavorazione dei vini; dall’orto e frutteto a levante; dal giardino della magnolia a ponente.     

In armoniosa sintesi oggi è possibile rileggere con maggiore consapevolezza il complesso palladiano cogliendo gli inserti frutto delle sistemazioni successive, nel Settecento, così come gli interventi voluti nell’Ottocento, o l’effettiva consistenza della riconfigurazione proposta negli anni Trenta del Novecento dall’architetto Tomaso Buzzi che ne ha ridisegnato alcuni ambiti strategici. Ripercorrendo le fasi della vita della villa attraverso i secoli è possibile cogliere lo spirito delle diverse epoche e i tratti del carattere dei mecenati, che oggi come allora ne sono stati i proprietari: i fratelli umanisti Daniele e MarcAntonio Barbaro, il mecenate Sante Giacomelli, Marina Volpi di Misurata, sino a Diamante e Vittorio Dalle Ore.                        

Il segno lasciato da Tomaso Buzzi nel riassetto complessivo della villa e del suo giardino, tra il 1934 e il 1938, è testimoniato da una ricca documentazione conservata nel suo archivio alla Scarzuola ed è stato il punto d’avvio dell’attuale riordino. I disegni e la corrispondenza con la committente Marina Volpi di Misurata rivelano la logica delle scelte che sottendono al nuovo stile che Buzzi ha voluto donare alla villa. L’architetto infatti ha operato enfatizzando la geometria della planimetria palladiana e la pulizia del segno di gusto francamente modernista. Secondo un criterio volto alla sottrazione il progettista ha optato per eliminare tutto ciò che poteva essere considerato una decorazione superflua.  Per il giardino sul fronte della villa Buzzi ha delineato, agli inizi del 1934, numerose varianti, ponendo al centro l’impatto scenografico dell’architettura palladiana. Qui ha tracciato la nuova via principale commisurando gli effetti della prospettiva dalla villa verso l’esterno, e dall’entrata del cancello verso la villa. A sud oltre la fontana di Nettuno che chiude la visuale oltre la strada pubblica, lo sguardo converge verso l’ampio viale di tigli che introduce alla campagna coltivata a viti. 

Nella logica della cura del dettaglio l’architetto ridisegna anche i serramenti del piano terreno in particolare: le finestre dei saloni, le porte–finestre verso il giardino segreto, i portoni di sicurezza sotto il portico della barchessa, i portoni di accesso ai saloni. Il design dei serramenti, tradisce il gusto moderno degli anni Trenta, ma restando fedele al contesto riproduce la partizione dell’intonaco della muratura in bugnato liscio.

Buzzi ripensa il giardino antistante alla villa secondo la logica geometrica dei giardini formali. Qui introduce le siepi in bosso davanti alla barchesse che concorrono a definire e impreziosire il disegno degli ampi parter a prato, delimitati dai vialetti in ghiaino fine; ridisegna lo spazio davanti al corpo dominicale della villa, rimuovendo la balaustra che delimitava il terrazzamento lastricato in pietra con al centro la vasca circolare. Ugualmente rimuove le statue dei putti poste a coronamento dei muretti che delimitano l’esedra e lungo il viale principale. Si deve a Buzzi la sistemazione delle due meridiane che decorano il prospetto delle colombaie, mentre i due quadranti sono frutto della collaborazione con l’artista Alpago Novello.